Certamente saranno pochi i fedeli del nostro Santuario a notare che a destra dell’altare maggiore, sopra la porta della sacrestia, si trova una finestrella protetta da una grata, comunicante con la camera da letto che fu di don Guanella. Se la fece ricavare per poter vedere dalle sue stanze il Tabernacolo (che, nella primitiva chiesa, era in corrispondenza dell’attuale presbiterio) in cui era riposta l’Eucaristia e potersi trattenere a lungo in adorazione durante la notte.

Si sentiva come prigioniero, figlio di un potente sovrano, da lui descritto nell’operetta Andiamo al Paradiso: «legato con ceppi in oscura carcere. Con quanto affetto il meschinello pensa al padre suo, con quale ansia da una finestruccia guarda al regno del genitore! Tu sei quel desso. Sospiri dicendo: “Il Padre mio celeste quando lo vedrò?” E intanto, cogli occhi della fede, dalla prigione del tuo corpo rivolgi lo sguardo al regno del celeste genitore» (Op Omn III, 449-450).

Era sua abitudine recitare l’Ufficio delle ore davanti al Santissimo Sacramento e così raccomandava ai suoi sacerdoti. Egli stesso aveva scritto: «Divina fra le orazioni vocali è la recita del breviario, che per maggiormente infiammare il cuore del sacerdote sarà bene fatta avanti il Santissimo Sacramento» (Reg SC 1910; Op Omn IV, 1294).

Solo Dio conosce quanta energia spirituale don Guanella abbia tratto da quei colloqui notturni silenziosi con l’Ospite eucaristico.

Nonostante le successive modifiche operate sulla struttura del Santuario, la finestrella è rimasta a testimoniare alla Famiglia Guanelliana l’eredità spirituale della centralità dell’Eucaristia, lasciata dal Fondatore.

Il logo del Giubileo è costituito da quattro figure stilizzate di colori diversi, a rappresentare l’umanità proveniente dai quattro angoli della terra; sono una abbracciata all’altra, per indicare la solidarietà e fratellanza che deve accomunare i popoli. Si noterà che l’apri-fila è aggrappato alla Croce. Le onde sottostanti sono mosse, a indicare che il pellegrinaggio della vita non sempre si muove in acque tranquille: spesso le vicende personali e gli eventi del mondo impongono con maggiore intensità il richiamo alla speranza. Sottolineiamo come la parte inferiore della Croce si prolunghi trasformandosi in un’ancora che si impone sul moto ondoso e, come è noto, l’ancora è stata spesso utilizzata come simbolo della speranza. L’ancora di speranza, infatti, è il nome che in gergo marinaresco viene dato all’ancora di riserva, usata dalle imbarcazioni nel compiere manovre di emergenza per stabilizzare la nave durante le tempeste. L’immagine inoltre mostra quanto il cammino del pellegrino non sia un fatto individuale, ma comunitario, con l’impronta di un dinamismo crescente che tende sempre più verso la Croce. La Croce non è affatto statica, ma anch’essa dinamica, si curva verso l’umanità come per andarle incontro e non lasciarla sola, offrendo la certezza della presenza e la sicurezza della speranza. È ben visibile, infine, con il colore verde, il Motto del Giubileo 2025, Peregrinantes in Spem.

CARISSIMI AMICI E FEDELI DEL SANTUARIO DEL SACRO CUORE

Il 7 settembre 2025 due giovani molto amati dalle nuove generazioni, Pier Giorgio Frassati e Carlo Acutis sono proclamati santi da Papa Leone XIV a San Pietro.

Ciò che ha caratterizzato il torinese Pier Giorgio Frassati (1901 –1925) sono stati la sua profonda fede e il suo impegno sociale a favore dei poveri e dei malati, che lo portarono a una vita di carità intensa e gioiosa. Pier Giorgio contrasse la poliomielite proprio mentre assisteva un malato, ma non avvertì la sua famiglia per non destare preoccupazioni, dimostrando una grande dedizione e generosità.

Del milanese Carlo Acutis (1991 – 2006), primo santo della generazione dei millennials, colpiscono invece la spiritualità eucaristica, l’uso innovativo della tecnologia per diffondere il Vangelo e la testimonianza eroica nell’affrontare la leucemia che lo portò alla morte a 15 anni. Nonostante la sua giovane età, Carlo visse la fede in modo intenso e autentico, alimentata dalla celebrazione quotidiana della Messa e dalla devozione alla Vergine Maria. Egli è noto per aver usato il suo talento con il computer per creare siti web e diffondere il messaggio del Vangelo, come nel caso del progetto che documenta i miracoli eucaristici. Le sue capacità nel campo dell’informatica e il suo modo di portare Dio nel mondo digitale gli hanno meritato il titolo di “patrono di Internet” e protettore di tutti i
cybernauti.

don Nico Rutigliano, rettore

È online il secondo numero del 2025 de La Divina Provvidenza, periodico trimestrale fondato da San Luigi Guanella.

LEGGI LA DIVINA PROVVIDENZA

CARISSIMI AMICI E FEDELI DEL SANTUARIO DEL SACRO CUORE

Nicholas Green era un bimbo statunitense di sette anni che fu ucciso durante un tentativo di rapina, il 29 settembre 1994, mentre viaggiava in auto con i suoi genitori, sull’autostrada Salerno-Reggio Calabria. La morte fu una tragedia per i suoi genitori, Reg e Maggie, ma la loro decisione di donare i suoi organi fece triplicare il tasso di donazione di organi in Italia nel giro di un decennio, un risultato soprannominato “effetto Nicholas”.

Il cuore del piccolo Nicholas ha continuato a battere nel corpo di Andrea Mongiardo, un ragazzo ricoverato all’Ospedale Bambino Gesù di Roma. Questa storia, così toccante, ci ricorda la morte di un altro Figlio, la cui morte ha portato la Vita al genere umano.

Il Sacro Cuore di Gesù che contempliamo e preghiamo in questo mese di giugno ci faccia cogliere quanto è grande il Suo Amore per noi.

Come il cuore umano che rimane nascosto nel corpo, racchiuso nella gabbia toracica, svolge una funzione molto significativa e importante nel sostentamento e nella vitalità del corpo, così il Sacro Cuore di Gesù, umile e nascosto, dà vita e sostegno al Corpo Mistico della Chiesa.

L’amore del Sacro Cuore rimane un mistero d’amore che è scandalo per gli ebrei e stoltezza per i greci (cfr 1Cor 1,23), perché trascende la comprensione e umana, e assume la forma di servo (cfr. Fil 2,6ss), tutto solo per la salvezza dell’umanità. Ci può esser mai un amore più grande di Colui che dà la sua vita per i propri amici? Anche sulla croce, emblema dell’amore divino, il Sacro Cuore di Gesù fu ferito da una lancia (Gv 19,34), per donarci la Vita.

Don Guanella, grande devoto del Sacro Cuore, ha scritto: «Gesù ti mette dinanzi palpitante il proprio cuore, perché riguardando a quello tu ti commuova. Gesù ti apre il suo costato, perché, entrando nel cuor suo, tu viva della vita sua e impari a salvare te e altrui. Con la carità si salvano le anime. Ama tu il Salvator tuo e salutalo affettuosamente con dirgli: “Dolce Cuore del mio Gesù, fa che io ti ami sempre più”».

don Nico Rutigliano, rettore

L’8 maggio scorso, una giornata memorabile: dal comignolo della Cappella Sistina nel tardo pomeriggio si è levata la fumata bianca, tra le acclamazioni della folla radunata in Piazza San Pietro, seguita dall’annunzio del Cardinale Protodiacono Dominique Mamberti: «Annuntio vobis gaudium magnum; habemus Papam: Eminentissimum ac Reverendissimum Dominum, Dominum Robertum Franciscum Sanctae Romanae Ecclesiae Cardinalem Prevost qui sibi nomen imposuit Leonem XIV».

Ora noi desideriamo dire: benvenuto Papa Leone XIV! Vieni nel Nome del Signore per guidare il suo gregge verso i pascoli della vita eterna. Grazie di aver accettato questa nuova missione di guidare la Santa Chiesa di Cristo. Grazie per il saluto «La pace sia con tutti voi».

Aiutaci ad essere uomini e donne di pace, strumenti di pace in questo nostro mondo che ne ha bisogno; aiutaci ad essere missionari di Cristo Risorto e del suo Vangelo; aiutaci ad essere testimoni di unità e di comunione; aiutaci ad essere costruttori di ponti.

Ecco la nostra preghiera: «O Dio, pastore e guida di tutti i credenti, guarda il tuo servo Leone XIV, che hai posto a presiedere la tua Chiesa; sostienilo con il tuo amore, perché edifichi con la parola e con l’esempio il popolo che gli hai affidato, e insieme giungano alla vita eterna. Per Cristo Nostro Signore. Amen».

«Lo Spirito Santo discese sopra gli apostoli. Erano congregati nel cenacolo con Maria santissima. […] Improvvisamente un vento impetuoso invade tutto intorno.

Sollevano lo sguardo ed ecco il simbolo carissimo di altrettante lingue di fuoco scendere sui loro capi e ivi fermarsi. Allora furono ripieni di Spirito Santo. […] Una luce dal cielo era venuta nelle loro menti. Una fiamma celeste era scesa nei loro cuori. Beati noi, o fratelli, se sapremo valercene. Facciamo allegrezza in questo solenne dì. Lo Spirito del Signore anima tuttavia e governa la Chiesa del divin Salvatore.

Facciamo allegrezza, che una luce dal paradiso scenderà ancora nei cuori nostri» (L. Guanella, O Padre! O Madre! Secondo corso, I, 100).

Anche la Famiglia guanelliana ha i suoi Santi nascosti, eroi di carità.

Aveva dieci anni Alessandrino Mazzucchi quando giunse nella Piccola Casa della Divina Provvidenza a Como. L’aveva voluto don Guanella stesso tra i suoi primi seminaristi e lui ne era entusiasta, dopo che, quasi per gioco, a Pianello del Lario dove era un suo chierichetto, gli aveva messo in testa il suo berretto, il “tricorno”, dicendogli: «Ti piacerebbe farti prete?». Per quasi due anni vi rimase, facendosi stimare e benvolere per l’allegria, l’amabilità, l’amore per l’Eucarestia e la delicata carità verso i sofferenti ospitati. Fu proprio un atto di generosità verso un compagno malato, la causa della sua morte improvvisa e prematura. Quel giorno, festa di San Luigi Gonzaga, si festeggiava l’onomastico di don Guanella. Lui volle mangiare in compagnia del giovane Lino Crosta, evitato da tutti a causa del fetore di una piaga ad una gamba. Gli dispiaceva lasciarlo solo, mentre tutti erano allegri e contenti. Incominciò a mangiare, benché provasse difficoltà e ripugnanza; sforzandosi e vincendosi, riuscì a inghiottire la sua parte; ma alla fine, non potendone più dallo sconvolgimento, uscì a prendere un po’ d’aria nel cortile. Si doveva inaugurare l’altalena e gli amici lo invitarono a salire. Gravato dal cibo appena ingerito e dal nauseabondo odore, un capogiro improvviso lo assalì e fu visto abbandonare le corde, rovesciarsi indietro e precipitare dall’alto sul terreno, battendo forte il cervelletto. Morì la sera stessa, piccolo martire di carità.

Nella Piccola Casa della Divina Provvidenza c’era l’usanza di fare un giorno ogni mese, l’esercizio della buona morte; ciascuno si sceglieva il giorno che voleva e Alessandrino si era scelto il 21 di ogni mese in onore del suo caro San Luigi. Era solito ripetere: «Oh, come mi piacerebbe morire come morì San Luigi e nel giorno di San Luigi!». Il fratello minore di Alessandro, Leonardo, entrato nella Congregazione qualche anno più tardi, divenne il secondo successore di don Guanella.

Ero in riunione in Via Aurelia Antica con gli altri sacerdoti guanelliani presenti all’incontro dei superiori di comunità. Stava parlando l’Abate di San Paolo quando ci è giunta la notizia della fumata bianca. Appena è terminata la sua relazione ci siamo precipitati in Piazza San Pietro per assistere alla proclamazione del nuovo sonno Pontefice dalla Loggia della facciata.
In mezzo a 150.000 persone accorse a questo straordinario evento ho ascoltato il famoso Habemus papam e ho apprezzato molto il discorso di presentazione di Leone XIV che in continuità con Papa Francesco ha richiamato il tema attuale della pace e l’importanza di camminare insieme. Anche in questa circostanza non ho mancato di pregare per tutti voi.
don Nico

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