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La Porta Santa è un altro segno che accompagna il Giubileo. L’apertura della Porta Santa da parte del Papa costituisce l’inizio ufficiale dell’Anno Santo. A differenza del Giubileo della Misericordia (2015-2016) dove c’erano Porte Sante in tutte le Diocesi del mondo, per il Giubileo 2025 sono solo cinque le Porte Sante aperte: presso le quattro Basiliche Papali di Roma (S. Pietro, S. Maria Maggiore, S. Giovanni in Laterano, S. Paolo fuori le mura) e presso il Carcere di Rebibbia, sempre a Roma.
Nel Vangelo di Giovanni, Gesù si presenta come la porta: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore […] Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo» (Gv 10, 7.9). Dal punto di vista simbolico, la Porta Santa assume un significato particolare: è il segno più caratteristico, perché la meta è poterla varcare. Nel varcare la Porta Santa, il pellegrino si ricorda le parole di Gesù nel Vangelo di Giovanni che abbiamo citato: «Io sono la porta». Il gesto esprime la decisione di seguire e di lasciarsi guidare da Gesù, che è il Buon Pastore. Del resto, la porta è anche il passaggio che introduce all’interno di una chiesa. Per la comunità cristiana, non è solo lo spazio del sacro al quale accostarsi con rispetto, ma è segno della comunione che lega ogni credente a Cristo: è il luogo dell’incontro e del dialogo, della riconciliazione e della pace che attende la visita di ogni pellegrino.
CARISSIMI AMICI E FEDELI DEL SANTUARIO DEL SACRO CUORE
C’era un cosacco russo che aveva un figlio al fronte durante la Prima guerra mondiale. Si chiamava Viktor. Un giorno il padre ricevette una lettera dal fronte. Non essendo in grado di leggere la consegnò alla figlia. Era del comandante di Viktor e iniziava così: “Mi dispiace informarla che suo figlio Viktor è stato ucciso in battaglia il 10 luglio. Viktor era un soldato eccellente ed è morto della morte dei coraggiosi. Lei ha tutte le ragioni per essere orgoglioso di suo figlio così valoroso…”. L’effetto di questa notizia sul padre fu devastante. Sembrava deperire e invecchiare visibilmente. Nel giro di pochi giorni perse peso, diventando triste e rabbuiato. La sua memoria iniziò a venir meno e persino la sua mente ne fu influenzata. Iniziò a bere in modo eccessivo. Teneva la lettera sotto una fotografia in cucina. Ogni giorno la prendeva e chiedeva alla figlia di leggergliela ancora una volta. Dopo che il pope locale ebbe celebrato una Messa di Requiem per suo figlio, si sentì un po’ meglio, ma solo per breve tempo. Passarono dodici giorni in questo stato di prostrazione. Il tredicesimo giorno arrivò una seconda lettera dal fronte. Conteneva una fantastica notizia. Suo figlio non era morto! Era stato ferito e lasciato mezzo morto sul campo di battaglia. Ripresosi, aveva strisciato per quattro chilometri fino alle linee di trincea, trascinando con sé un ufficiale ferito. Sarebbe stato promosso al grado di caporale e gli era stata conferita la Croce di San Giorgio in riconoscimento del suo coraggio. In quel momento era in ospedale e sarebbe guarito in un un mese. Ancora una volta l’effetto sul padre fu immediato, solo che questa volta fu per il meglio. Era uno spettacolo da vedere. Era elettrizzato per la gioia. Afferrò la lettera e andò al villaggio sventolando la lettera. Fermò tutti quelli che incontrava. “Avete saputo?” diceva. “Mio figlio è vivo!”.
Questo racconto dovrebbe darci un’idea della gioia che i discepoli provarono la mattina della domenica di Pasqua. Nella Resurrezione il Padre, per così dire, grida: “Mio figlio è vivo!”.
La luce della Pasqua deve essere irradiata, non può rimanere nel buio di una tomba vuota! Va irradiata con la nostra vita. Dobbiamo far conoscere il Signore Risorto! Se viviamo autenticamente la nostra fede, non possiamo non sentire l’urgenza di comunicarla agli altri. Una vita cristiana autentica si impegna ad evangelizzare il proprio ambiente portando il profumo della presenza di Cristo Risorto. È la missione che Gesù ci affida: portare a tutti e ovunque la luce e la gioia del Cristo Risorto. Egli è vivo e presente in mezzo a noi. La sua presenza è capace di cambiare le mentalità, convertire i cuori e correggere i nostri comportamenti, a volte troppo pagani.
Il miglior modo per assolvere questa missione è quello della nostra testimonianza personale. Siamo chiamati a vivere dovunque in modo coerente la fede che professiamo.
don Nico Rutigliano, rettore
📌 “DISCOTECA DEL SILENZIO” ✨
📍 Santuario Sacro Cuore – Opera Don Guanella, Como
Vivi un’esperienza speciale di raccoglimento e preghiera: l’adorazione eucaristica notturna ti aspetta nella pace e nel silenzio del cuore.
🗓️ Date degli incontri (dalle 21:00 alle 00:00):
📅 5 aprile
📅 3 maggio
📅 7 giugno
🌟 «La santissima Eucaristia è il sole della terra, la vita del mondo, il vero Paradiso in terra per tutti i cristiani che fermamente credono»
(San Luigi Guanella)
📍 Via Tommaso Grossi, 18 – Como
🙏✨ Ti aspettiamo per un momento unico di spiritualità e silenzio.
Oggi, 07 marzo 2025, primo venerdì del mese e di Quaresima: in Santuario alle 17.30, ci sarà l’ostensione della Sacra Spina con il vespro solenne
La sera del 24 marzo 1908, nella chiesa del Sacro Cuore a Como, don Luigi Guanella e un gruppo di sacerdoti suoi collaboratori emettevano i primi voti semplici perpetui come Servi della Carità.
Ricorda don Leonardo Mazzucchi, che sarà poi il suo secondo successore: «In quell’ora tarda, mentre il silenzio misterioso della notte faceva pulsare con insolita gagliardia i nostri cuori […] Don Luigi Guanella disserrò il labbro alla sua parola umile, buona, semplice: ma non parlava la sua bocca, parlava […] il suo cuore grande, la sua anima santa […]. Quando lo udimmo ringraziarci per avergli dato modo coll’accogliere il suo invito e metterci al suo seguito, di stringere dinanzi a Dio quei vincoli benedetti […]; oh! allora il nostro cuore non ne poté più, e versammo lacrime di amore, di tripudio santo, di pentimento, di riconoscenza che ci segnarono nell’anima un solco da non cancellarsi mai».
Nella sua autobiografia Le vie della Provvidenza, don Guanella ricorda che nel presbiterio della chiesa di Fraciscio c’era un dipinto di San Giuseppe il cui volto era quello di Carlo Gilardi, un anziano del paese vissuto fino a 115 anni. Interrogato sulle terapie che usava, aveva risposto: «Io mangio polenta anche tre volte al giorno ma condita generalmente di un po’ di burro e formaggio; ho avuto cura di tener difese le estremità del corpo da freddo e umidità e non ho avuto malattie mai o quasi mai». È l’immagine di San Giuseppe che consegna sovente negli scritti alle sue Congregazioni come programma: vita appartata, poche pretese, semplicità di cuore. Ricorda nella Lettera Circolare del 20 ottobre 1910: «“Circulus et calamus fecerunt me doctum”, scrive S. Agostino; i Servi della Carità si faranno più sani nel corpo, più sapienti nella mente e soprattutto sani nel cuore, se potranno affiatarsi da veri fratelli e comunicarsi le proprie idee con semplicità ed affetto». Ed esorta alla fiducia in San Giuseppe, invitando a impegnare di più il Santo ad ottenerci le grazie di cui abbiamo bisogno, rivolgendosi a lui scelto come speciale protettore e in cui confidare con tutto l’animo. Don Guanella avrebbe certamente condiviso il pensiero di Papa Francesco che unisce la semplicità di tratto alla concretezza dell’azione: «È bello ascoltare i piccoli… non dicono cose strane, “nell’aria”; dicono cose concrete, e alle volte troppo concrete perché hanno quella semplicità che Dio dà ai piccoli».
«Andiamo a Gesù per mezzo di Giuseppe,
amico del Sacro Cuore»
(L. Guanella)
Ci sono dei segni che accompagnano il Giubileo: il Pellegrinaggio, la Porta Santa, la Professione di fede, la Carità, la Riconciliazione, l’Indulgenza giubilare, la Preghiera, la Liturgia.
Il Pellegrinaggio
La condizione umana è essenzialmente quella del pellegrino, quella dell’ “homo viator”. Il pellegrinaggio è il luogo della speranza: quello che ancora non vediamo lo attendiamo con perseveranza. Come cristiani, sono presentati a noi come modello di pellegrini Abramo, Mosè con il popolo d’Israele e Gesù.
«Il Giubileo chiede di mettersi in cammino e di superare alcuni confini. Quando ci muoviamo, infatti, non cambiamo solamente un luogo, ma trasformiamo noi stessi. Per questo, è importante prepararsi, pianificare il tragitto e conoscere la meta. In questo senso il pellegrinaggio che caratterizza questo anno inizia prima del viaggio stesso: il suo punto di partenza è la decisione di farlo. L’etimologia della parola “pellegrinaggio” è decisamente eloquente e ha subito pochi slittamenti di significato. La parola, infatti, deriva dal latino “per ager” che significa “attraverso i campi”, oppure “per eger”, che significa “passaggio di frontiera”: entrambe le radici rammentano l’aspetto distintivo dell’intraprendere un viaggio […]. Il pellegrinaggio è un’esperienza di conversione, di cambiamento della propria esistenza per orientarla verso la santità di Dio. Con essa, si fa propria anche l’esperienza di quella parte di umanità che, per vari motivi, è costretta a mettersi in viaggio per cercare un mondo migliore per sé e per la propria famiglia».
CARISSIMI AMICI E FEDELI DEL SANTUARIO DEL SACRO CUORE
«Il mio andare in Somalia è la risposta a una chiamata: tu Padre hai tanto amato la Somalia da donare il tuo figlio… E io dico con lui “questo è il mio corpo, questo è il mio sangue donato per la salvezza di tutti”». Suor Leonella Sgorbati, missionaria della Consolata, scrive queste parole nel suo diario il 27 febbraio del 2006. Sette mesi dopo, il 17 settembre, a 65 anni, viene assassinata a Mogadiscio da due sicari che le sparano alle spalle, all’uscita dall’ospedale dove ha appena tenuto il suo corso per infermiere. Il 26 maggio 2018 è stata proclamata Beata nella cattedrale di Piacenza, sua terra d’origine.
Questa suora, come tanti missionari religiosi e laici, era disposta a rischiare la vita per aiutare altre persone. Gesù ci dice che perdendo la sua vita in realtà l’ha trovata.
A volte ci chiediamo quale sia il significato del dolore, la spiegazione della sofferenza, ma non troviamo risposte. In Cristo però possiamo trovare uno scopo da dare alle nostre sofferenze. Possiamo trasfigurare il dolore nella luce della sua Risurrezione: utilizzarlo per la salvezza del mondo. San Paolo scrive: «Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo» (Gal 2,20).
L’amore di Dio si è rivelato in Gesù soprattutto nell’apice della sua donazione, sulla Croce. Condividere la croce di Cristo e accogliere il mistero del dolore nella nostra vita vuol dire condividere il mistero della Pasqua, cioè il mistero della Passione-Morte-Risurrezione.
È tempo di spogliarci dell’uomo vecchio per rivestirci dell’uomo nuovo.
don Nico Rutigliano, rettore
Ecco il nuovo vicario episcopale della Diocesi di Como, per la Vita Consacrata, don Marco Grega (già Superiore della Casa di Como e già Superiore Provinciale della ex Provincia “Sacro Cuore”). È stato annunciato sabato 01 febbraio 2025 dal vescovo di Como, il Card. Oscar Cantoni, alla fine della S. Messa in Duomo, con tutti i religiosi e le religiose che vivono e operano in diocesi.
Domenica 12 gennaio alle ore 15.00 avremo la Santa Messa col Vescovo di Como nel Santuario Sacro Cuore. Egli incontrerà alle 17.00 gli operatori della carità nell’auditorium Don Guanella.