CARISSIMI AMICI E FEDELI DEL SANTUARIO DEL SACRO CUORE
Nell’ascoltare l’omelia di Papa Francesco nella Messa conclusiva della seconda sessione del Sinodo dei Vescovi sulla sinodalità, svoltasi nella basilica di San Pietro in Vaticano lo scorso 27 ottobre, sono rimasto positivamente colpito su come ha voluto tratteggiare l’immagine della Chiesa di oggi: «Non abbiamo bisogno di una Chiesa seduta e rinunciataria, ma di una Chiesa che raccoglie il grido del mondo e si sporca le mani per servirlo».
Non è la prima volta che Papa Francesco ci sprona a non rimanere statici, ma ad uscire per poter tornare a proclamare con entusiasmo la buona notizia del Vangelo. La cosiddetta “Chiesa in uscita” altro non è che una vera e propria vocazione che dice la nostra identità e la nostra missione; altro non è che la capacità di intercettare il grido di dolore di una umanità piagata dalle ingiustizie, dal dolore e dalla fatica; altro non è che mettersi alla sequela di Gesù che, come Buon Samaritano, non passa oltre ma si ferma per prendersi cura di colui che giace a terra.
Dobbiamo ricordarci che l’orizzonte del nostro cammino è sempre il bene dell’uomo, creato ad immagine e somiglianza di Dio. La Chiesa, infatti, non esiste in funzione di sé stessa ma per portare Cristo al mondo, per annunciare il Vangelo alle genti. Non si tratta allora di fare delle cose nuove, ma di riconoscere la Chiesa sinodale come «una comunità il cui primato è nel dono dello Spirito», che ci rende tutti fratelli in Cristo e ci eleva verso di lui. «Il Signore lo si segue lungo la strada, non nei labirinti delle nostre idee», ha aggiunto papa Francesco esortando tutti noi a «camminare lungo la strada insieme al Signore, dietro a lui e con lui».
Uscire incontro all’uomo è impegnativo, faticoso, in particolare quando tocca le ferite profonde e a volte pare di passare da urgenza a urgenza, ma il Signore dona sempre la sua luce e non ci abbandona mai.
Ogni comunità cristiana, ogni battezzato non può quindi ritirarsi dalla vita e confinarsi ai margini della realtà accomodandosi nel proprio malessere, ma è chiamata a deporre il mantello della rassegnazione portando la gioia del Vangelo per le strade del mondo. Per vivere davvero non si può restare seduti: vivere è sempre mettersi in movimento, mettersi in cammino, sognare, progettare, aprirsi al futuro. E nel farlo guardiamo anche all’esempio di tanti fratelli e sorelle defunti, ai quali va il nostro ricordo particolare e la nostra preghiera di suffragio in questo mese di novembre e che ci hanno preceduto nel cammino di testimonianza di Cristo il quale «non è venuto per essere servito, ma per servire e per dare la sua vita come prezzo di riscatto per molti» (Mc 10,45).
A tutti giunga il mio fraterno saluto
don Francesco Sposato, rettore