CRONACA DI CASA
DAI NOSTRI ANZIANI
Eva Musci e Silvia Fasana
Vi presentiamo alcune storie straordinarie di persone che hanno vissuto un’esistenza ricca di esperienze e saggezza. In ogni episodio ci immergeremo nelle vite degli anziani che abitano la nostra RSA, scoprendo aneddoti, ricordi e insegnamenti che ci offrono una prospettiva unica sul tempo e sulle relazioni. Attraverso le loro parole, esploreremo non solo le sfide, ma anche le gioie e le speranze che continuano a brillare. Unisciti a noi in questo viaggio emozionante e toccante, dove ogni racconto è un tesoro da condividere, perché come diceva lo scrittore argentino Carlos María Domínguez «Ogni anima è una storia che attende di essere raccontata».
Un amore senza fine
Giuditta è una graziosa signora, minuta e ben curata, con un bel viso, solcato appena da qualche segno del tempo. Ci attende vicino alla cappella con un golfino rosa sulle spalle, tono su tono con la collana. Ci accoglie con un sorriso e subito ci invita ad andare nel salottino al primo piano della RSA, così staremo più tranquille, dice. Un sorriso spontaneo, contornato da due simpatiche fossette, che le viene dal cuore e rivela a prima vista la sua dolcezza. Anche gli occhi brillano; tutto in lei ci mostra una grande serenità interiore, una contagiosa gioia di vivere. Entrando nel locale, guarda subito il piccolo acquario ed esclama con un leggero velo di tristezza «I pesciolini non ci sono più!» e aggiunge a mezza voce «Probabilmente erano una coppia e se ne sono andati insieme, perché non hanno resistito l’uno senza l’altra». Ci accomodiamo e inizia a raccontare la sua storia. Ci confida che lei è entrata nella nostra RSA nel 2022, per stare vicina a suo marito affetto da Parkinson nei suoi ultimi mesi; alla sua scomparsa, alla fine del 2023, non si è sentita di rimanere a casa da sola. «Ho scelto io di tornare qui, perché a casa tutto mi parlava di lui, della nostra vita insieme. È stato il grande amore della mia vita». E ci mostra le sue foto: davvero un bell’uomo, davvero una splendida coppia e una famiglia felice.
«Sono nata nel 1940, anno dell’entrata dell’Italia nella Seconda Guerra Mondiale. Mio papà, che lavorava nel frutteto di Villa Balbiano Campo di Lenno, è stato chiamato al fronte e in quegli anni è stata mia mamma da sola a crescermi. La guerra è veramente un momento difficile, per soldati e civili», quest’ultima frase ce la dice con una certa amarezza, forse pensando ai venti di guerra che spirano sull’Europa in questo periodo. Dopo le scuole elementari a Lenno e l’Istituto di Avviamento Professionale a Menaggio, a quindici anni Giuditta si è recata con un’amica in Germania e poi in Svizzera, sul lago di Neuchâtel, per studiare il tedesco e il francese. Tornata in Italia, ha però faticato a trovare lavoro: dopo due stagioni negli alberghi della Tremezzina e altri due anni come commessa in un calzaturificio a Como, dove nel frattempo si era trasferita, ha trovato lavoro in una ditta di articoli per la casa che allora era a Piazza Santo Stefano. Di quel periodo ricorda: «Il lavoro mi piaceva davvero molto, ma quanti sacrifici! Da Como prendevo l’autobus per Cernobbio, poi a piedi o con passaggi di colleghi andavo in azienda».
«Ho conosciuto quello che sarebbe diventato mio marito andando in montagna sulla Grigna. All’inizio, tra noi era solo un’amicizia, che poi è diventata un grande amore. Ci siamo sposati nel 1966 e abbiamo avuto tre figli: Elena, Elisabetta e Alessandro. È stato bello. Ci siamo voluti bene». Una frase semplice e diretta – Ci siamo voluti bene – dalla quale traspare un amore incondizionato, ed è come se sentissimo riecheggiare il motivetto de La storia infinita. Giuditta ricorda la sua vita di sposa felice e innamorata con grande naturalezza, come se fosse semplice trovare la persona giusta e vivere un grande amore, un amore “per sempre”, in un’epoca di rapporti “mordi e fuggi”. Lo si vede dalla luce nei suoi occhi, dalla commozione che incrina leggermente la sua voce, dal sorriso che splende ancora più luminoso.
«Mio marito lavorava nel campo dell’elettrotecnica in una ditta di Grandate, poi si è messo in proprio, ma era “troppo onesto” per essere un artigiano autonomo…» e sorride. «Frequentavamo la nostra Parrocchia di San Giuliano e ci piaceva organizzare e partecipare alle attività dell’oratorio con i ragazzi: io facevo da mangiare alle feste e ai campi estivi». Continua Giuditta: «Abbiamo viaggiato molto in tutta Italia, ma il più bello è stato il viaggio di nozze a Napoli, Capri, Pompei. Ci piaceva soprattutto il mare. Quanti bei ricordi… e credo sia questo il segreto che mi permette di stare bene anche adesso che l’età avanza… Ci sono state difficoltà, come dappertutto, ma si superavano sempre con tanto amore».
La grande serenità che ci ispira, ascoltandola, è sostenuta da una solida fede. «Credo nel Signore, non sono bigotta, e sono sicura che mio marito mi aspetti lassù e che un giorno ci potremo ancora abbracciare». «Sono orgogliosa dei miei figli e adesso sono una nonna felice di cinque nipoti».
Giuditta passa a raccontarci le sue giornate, fatte di momenti di socialità con gli altri ospiti, di giochi a carte («Gioco a Scala quaranta e sto imparando anche il Burraco»), di preghiere nella cappella, di passeggiate in giardino («dopo pranzo, così digerisco meglio»), di attività fisica («faccio ginnastica, soprattutto la cyclette per tenermi in forma, la fisioterapia e vorrei provare a fare anche Yoga») e delle passioni di una vita, come la lettura: «leggo molto, un po’ di tutto, romanzi di avventura, gialli, romanzi storici, che in parte mi sono portata io da casa, in parte ho trovato nella fornita biblioteca della RSA. Mi piace Wilburn Smith, credo di avere imparato ad amare l’Africa dai suoi scritti». Le piace anche il cinema e la musica e ci confida con fare birichino: «I miei attori preferiti? Brad Pitt, George Clooney. Dell’ultimo Festival di Sanremo mi è piaciuto Achille Lauro, proprio un bel ragazzo…, e anche Massimo Ranieri, un po’ vecchierello, ma ancora con una voce straordinaria».
Sono le 11.30. Giuditta ringraziandoci per la bella mattinata insieme, ci saluta perché deve dare da mangiare ai pesciolini nell’acquario del piano terra, anche se è nella sala fumatori («al massimo metto la mascherina…» dice sorridendo) e deve curare le piante. Una vita in cui ha ricevuto tanto amore e continua a darne altrettanto a chi la circonda.