CARISSIMI AMICI E FEDELI DEL SANTUARIO DEL SACRO CUORE
C’era un cosacco russo che aveva un figlio al fronte durante la Prima guerra mondiale. Si chiamava Viktor. Un giorno il padre ricevette una lettera dal fronte. Non essendo in grado di leggere la consegnò alla figlia. Era del comandante di Viktor e iniziava così: “Mi dispiace informarla che suo figlio Viktor è stato ucciso in battaglia il 10 luglio. Viktor era un soldato eccellente ed è morto della morte dei coraggiosi. Lei ha tutte le ragioni per essere orgoglioso di suo figlio così valoroso…”. L’effetto di questa notizia sul padre fu devastante. Sembrava deperire e invecchiare visibilmente. Nel giro di pochi giorni perse peso, diventando triste e rabbuiato. La sua memoria iniziò a venir meno e persino la sua mente ne fu influenzata. Iniziò a bere in modo eccessivo. Teneva la lettera sotto una fotografia in cucina. Ogni giorno la prendeva e chiedeva alla figlia di leggergliela ancora una volta. Dopo che il pope locale ebbe celebrato una Messa di Requiem per suo figlio, si sentì un po’ meglio, ma solo per breve tempo. Passarono dodici giorni in questo stato di prostrazione. Il tredicesimo giorno arrivò una seconda lettera dal fronte. Conteneva una fantastica notizia. Suo figlio non era morto! Era stato ferito e lasciato mezzo morto sul campo di battaglia. Ripresosi, aveva strisciato per quattro chilometri fino alle linee di trincea, trascinando con sé un ufficiale ferito. Sarebbe stato promosso al grado di caporale e gli era stata conferita la Croce di San Giorgio in riconoscimento del suo coraggio. In quel momento era in ospedale e sarebbe guarito in un un mese. Ancora una volta l’effetto sul padre fu immediato, solo che questa volta fu per il meglio. Era uno spettacolo da vedere. Era elettrizzato per la gioia. Afferrò la lettera e andò al villaggio sventolando la lettera. Fermò tutti quelli che incontrava. “Avete saputo?” diceva. “Mio figlio è vivo!”.
Questo racconto dovrebbe darci un’idea della gioia che i discepoli provarono la mattina della domenica di Pasqua. Nella Resurrezione il Padre, per così dire, grida: “Mio figlio è vivo!”.
La luce della Pasqua deve essere irradiata, non può rimanere nel buio di una tomba vuota! Va irradiata con la nostra vita. Dobbiamo far conoscere il Signore Risorto! Se viviamo autenticamente la nostra fede, non possiamo non sentire l’urgenza di comunicarla agli altri. Una vita cristiana autentica si impegna ad evangelizzare il proprio ambiente portando il profumo della presenza di Cristo Risorto. È la missione che Gesù ci affida: portare a tutti e ovunque la luce e la gioia del Cristo Risorto. Egli è vivo e presente in mezzo a noi. La sua presenza è capace di cambiare le mentalità, convertire i cuori e correggere i nostri comportamenti, a volte troppo pagani.
Il miglior modo per assolvere questa missione è quello della nostra testimonianza personale. Siamo chiamati a vivere dovunque in modo coerente la fede che professiamo.
don Nico Rutigliano, rettore