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Il mese di giugno è particolarmente dedicato alla devozione del Cuore di Gesù, definito «fornace ardente di amore». Questo divin Cuore non cessa mai di amarci e perdonarci, poveri peccatori come siamo, sempre bisognosi della sua misericordia. Lo sguardo amoroso di Gesù crocifisso è sempre pronto a riconciliare con sé l’uomo peccatore: «Dio ha tanto amato il mondo, da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in Lui, non muoia, ma abbia la vita eterna». Gesù, con la sua morte in croce, offre al Padre la sua stessa vita per la salvezza di tutti, perché, ogni uomo e donna, creati per la gloria di Dio e redenti dal suo sangue, possano raggiungere il premio della vita eterna. Il Cristo crocifisso, in dimensione pasquale, trionfa sulla morte per donare a noi la vita nel mistero della sua risurrezione. E tu, cristiano fedele, credi all’amore di Dio che ti redime e ti salva, in ogni giorno della tua vita, offrendoti il suo amore misericordioso?
La forte identità di una persona può ridurre la possibilità di una ricca relazione con gli altri? Una relazione significativa tra le persone deve sempre tenere conto della identità dei soggetti? Quando una relazione si può definire caritativa? La persona si deve annullare per far emergere la personalità del fratello? Il Vangelo dice che il vero cristiano è colui che serve: ma fino a quando?
Sono tutti interrogativi che impongono l’esigenza di chiarezza perché le relazioni siano promozionali delle persone e le persone siano ricchezza vera per le relazioni. Nel libro della Genesi si dice che Dio crea l’uomo ed accompagna il gesto creativo con una battuta che merita attenzione: «Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza». Fin dalle origini l’umanità è richiamata a prendere consapevolezza di ciò che la costituisce: l’uomo è fatto a somiglianza di Dio, con le sue qualità, con le sue risorse, con la sua dignità. È una creatura che ha il compito di rilevare l’immagine di Dio nella storia, di dire Dio nella vita.
Quanto più l’uomo è fedele alla immagine divina tanto più si realizza, è soddisfatto di sé, è motivo di contentezza per sé e per gli altri.
La relazione ha le sue logiche vitali: deve avere dei contenuti, deve essere promozionale delle persone, non si esaurisce nel tempo e cresce sempre più.
Una persona si realizza nella relazione; siamo fatti gli uni per gli altri; abbiamo bisogno di percepirci e di essere percepiti; di amare e di essere amati; di riconoscere e di essere riconosciuti nella nostra identità.
La cultura del nostro tempo forse non ci porta ad avere una gioiosa percezione della propria persona; ci impoverisce nel gusto del dono di sé; ci rende insensibili nel valorizzare ciò che matura una relazione. Insomma viviamo un tempo in cui l’uomo sembra accartocciarsi su se stesso. Ma l’uomo così come è voluto da Dio gioisce nella relazione con l’altro; sa di arricchire l’altro; è consapevole che l’altro è un dono di Dio; si rende conto di dover assumere tutta la responsabilità creativa nella relazione con l’altro.
Il Cuore di Cristo che andiamo a celebrare in questo mese di giugno è l’immagine vivente del Figlio di Dio che dona la ricchezza di un umanesimo, la novità nella Grazia e l’originalità della Misericordia: è Gesù che dona speranza di identità alle nostre persone e le pone in una relazione di amore.
La Comunità Religiosa
Il Sinodo della nostra Diocesi procede, anzi è lanciato verso la tappa finale.
Il lavoro finora è stato molto consistente; il dialogo tra i sinodali molto vivace; il tempo richiesto è stato lungo di qualche anno (dal 2017!).
Gli argomenti toccati mettono in evidenza che lo Spirito Santo ha guidato questa nostra esperienza di Chiesa.
Infatti gli ambiti affrontati in questo ultimo periodo sono stati: la lotta alla povertà e l’impegno per la giustizia; la solidarietà e l’accoglienza; la tutela dell’ambiente e la promozione della cultura; la comunicazione e la partecipazione alla vita dei paesi e delle città; la presenza significativa nelle istituzioni locali da parte dei cristiani; l’attenzione al mondo della sanità e dell’economia.
Ma nella prima parte del Sinodo la riflessione e il dialogo hanno toccato evidente- mente tutta la vita della nostra Diocesi: la qualità della fede delle Comunità cristia- ne; il coraggio della evangelizzazione nei nostri territori; la vitalità della preghiera di noi cristiani; lo spessore della testimonianza della carità e delle relazioni di amo- re.
Il dopo Sinodo non può che essere connotato da speranza e sostenuto da un desi- derio sincero di crescita della fede delle nostre Comunità parrocchiali.
Tutta la missione di Gesù per la salvezza del mondo, è dominata dallo Spirito Santo, che è l’artefice del divin Cuore di Gesù. Lo Spirito è anche il protagonista principale della nostra vita cristiana.
Dono scaturito dal Cuore di Gesù, lo Spirito Santo è “il dolce ospite dell’anima”, sorgente di amore e datore di vita, ispiratore di saggi consigli. È la stessa vita di Dio che pulsa in noi, uomini e donne, aperti al soffio della sua grazia.
Al cristiano tocca allora lasciare agire lo Spirito Santo, senza ostacolarne l’influsso mortificando la sua azione con il peccato. Tu avverti spesso il peso del peccato.
Apri, allora, spalanca la porta del tuo cuore: lo Spirito ti renderà capace di amore, di verità, di libertà.
La Vergine Santa, ripiena di Spirito Santo, in questo mese a Lei dedicato, ci sosten- ga con la sua materna protezione, accompagnandoci benigna nel cammino sereno e fecondo della vita.
Nell’ateo come nel credente può nascere la stessa domanda: come è possibile ispirare cristianamente una società profondamente materialista? Pensare di cambiare stili di vita e convinzioni lontane dal Vangelo che sono sedimentate nei comportamenti umani? Non è per caso una pia illusione?
Oppure: non è forse una presunzione per la Chiesa cercare di cambiare modi di essere e di pensare che sono in dissonanza con la pro- posta evangelica di Gesù e che si sono incro- stati nella storia?
Forse in tanti secoli di attività evangelizzante
non è che la Chiesa possa essere soddisfatta
dei risultati raggiunti: la nostra Europa sembra aver dimenticato le sue radici cristia- ne. È certo che i cristiani si devono svestire dello spirito della conquista, del tenta- tivo del recupero di un terreno perduto.
Nel rapporto con il mondo i cristiani percepiscono la gioia di annunciare e trasmet- tere Gesù Cristo, la sua Parola di verità, l ‘appetibilità del suo amore. Sanno di do- nare speranza all’uomo anche perché quello che annunciano non è il frutto di una filosofia umana bensì espressione dell’amore di Dio che si è rivelato nella Pasqua. E la società così come giace a sua volta chiede ed implora un rinnovamento di men- talità, di contenuti per i quali vale la pena di vivere, significati con i quali introdursi ad una esperienza di felicità.
Nonostante che la vita della società moderna possa generare motivi di sfiducia, il credente e la comunità cristiana sono certi di innescare nel tempo cammini di cam- biamento con la verità e le dinamiche dell’amore.
Il Signore Gesù è risorto ed è presente nella storia.
Quello in cui viviamo può essere definito un tempo di pace?
Se guardiamo la grande attenzione riservata dagli articoli sui giornali, dalle trasmissioni televisive e dai documenti di molte organizzazioni, dobbiamo dire che abbiamo avuto tante opportunità per una riflessione sul valore della pace e per la promozione di stili di concordia nelle nostre relazioni, per migliorare e rinsaldare i rapporti tra le persone e tra i popoli, per far crescere fiducia e serenità nel futuro.
In questi decenni sono stati moltissimi anche gli interventi dei Papi e della Chiesa con una serie di documenti e di messaggi che sono stati di grande contributo per una sensibilità nuova sul tema della pace: basti pensare alla Pacem in terris di San Giovanni XXIII e alla Fratelli tutti di Papa Francesco, caratterizzati da una straordinaria profondità di pensiero.
Ciononostante oggi ci troviamo di fronte al dramma di una violentissima guerra, lesiva dei diritti delle persone e della sovranità degli Stati, proprio nel cuore della nostra Europa, che sembra essere stata la culla del diritto, del rispetto della persona, delle relazioni di civiltà tra i popoli. Siamo ritornati indietro ai tempi bui dei due grandi conflitti mondiali, causa di milioni di morti, e anche della brutale guerra dei Balcani. La stessa insensatezza, la stessa violenza, la stessa sofferenza, lo stesso dolore. L’unico motivo di conforto e di speranza è la tenacia e la testimonianza cristallina del popolo ucraino nel difendere la propria libertà, la propria autonomia, i propri diritti sovrani a fronte di un invasore senza scrupoli.
Che cosa resta e resterà del concetto di pace gridato sulle piazze, nei cortei, nei discorsi dei politici? E dei tanti articoli e dotti approfondimenti sul tema? Come abbiamo costruito relazioni di pace con i nostri comportamenti? Quale cultura abbiamo davvero promosso?
Sappiamo molto bene che non possono e non devono prevalere egoismi di parte e logiche di prepotenza. L’uomo moderno, anche con tutte le sue conquiste scientifiche, in ogni campo della vita deve comunque portare avanti quell’insieme di valori, di cultura, di spiritualità che dona dignità a tutti e a ciascuno.
La pace non può mai essere data per scontata, è dono dell’immenso amore di Dio per l’umanità. Un dono che deve essere accolto con riconoscenza, trattato con delicatezza e massima attenzione.
Solo con questa consapevolezza possono maturare nell’uomo pensieri, stili, scelte di pace e affermarsi una vera cultura di pace.
La Comunità religiosa
In questo mese in cui cade la Settimana Santa, ci piace evidenziare come una delle caratteristiche più particolari del nostro Santuario del Sacro Cuore è quella di contenere la copia di alcuni dei luoghi Santi della Palestina, realizzati per espressa volontà di don Luigi Guanella in occasione dei lavori dell’ampliamento della chiesa nel 1913-1915. Il futuro Santo chiese all’architetto romano Aristide Leonori di riprodurre «il monumento benedetto del S. Sepolcro e del Calvario: e sarà altare di supplica al Cuor di Gesù per i bisogni della società cristiana, per la cessazione di tanti flagelli, per il ristabilimento della pace universale, per la prosperità del mondo», prendendo come modello quanto aveva visto nel Santuario del Santo Sepolcro a Washington, in occasione del suo viaggio in America.
Nel maggio 1915 Leonori cominciò a realizzare, sulla parete di fondo della chiesa ampliata, il Calvario nella parte superiore e l’edicola del Santo Sepolcro in quella inferiore, collegate da due scale laterali. Il progetto originale prevedeva anche la riproduzione delle grotte di Betlemme e di Nazareth nelle due braccia del transetto, però mai compiute per l’inizio della guerra e la sopraggiunta morte di don Guanella.
L’altare del Calvario è sovrastato dal grande gruppo statuario policromo in gesso della Crocifissione, opera dello scultore milanese Antonio Rescaldini (1917). Questo suggestivo complesso si staglia contro la grande vetrata policroma semicircolare retrostante che raffigura la città di Gerusalemme, pregevole opera della vetreria milanese Giovanni Beltrami e C. (1916), restaurata lo scorso anno grazie alla generosità dei fedeli del Santuario, e in particolare di una donatrice. Sotto la croce, nel tabernacolo dell’altare, è conservata la reliquia della Sacra Spina.
La scala destra che porta al Calvario fu solennemente benedetta il 18 marzo 1923 da mons. Aurelio Bacciarini, Amministratore Apostolico di Lugano, e ottenne gli stessi privilegi e indulgenze della “Scala Santa” conservata a Roma nel Santuario omonimo accanto alla Basilica di S. Giovanni in Laterano (che secondo la tradizione sarebbe quella percorsa da Gesù nel pretorio di Pilato a Gerusalemme).
Sotto il Calvario è stata riprodotta l’edicola del Santo Sepolcro, copia fedele di quella originale a Gerusalemme. Presenta un basso ingresso arcuato con sopra un bassorilievo raffigurante la Risurrezione; oltre il vestibolo, uno stretto passaggio, ancora più basso, immette nel Sepolcro vero e proprio, con il soffitto che richiama una grotta.
Quando si è concentrati sul pezzo, si riesce a combinare qualcosa di buono.
La capacità di concentrazione infatti suscita dinamismi di pensiero, ci rende creativi, ci fa leggere aspetti di vita altrimenti ignorati, ci dona sapori nuovi della esperienza, ci fa vivere in modo pieno il presente, l’adesso.
Colui che si concentra non è un distratto, non è un astruso, la sua testa non è tra le nuvole. La capacità di concentrazione è questione vitale per la persona.
Si può essere concentrati su di sé. Nel caso si prende coscienza delle proprie risorse e capacità ed anche dei propri limiti. Si può essere concentrati sulla proprietà espe-rienza di vita: nel caso la si orienta con responsabilità.
Si può essere concentrati su una relazione: nel caso ad essa si danno contenuti che gratificano e maturano. Quando si è concentrati, può nascere la gioia di vedere la crescita e la maturazione della propria persona.
Non ci si può permettere di essere distratti nella vita: saremmo superficiali, manipolati da altri, saremmo in balìa del contesto…
Le nostre persone meritano una adeguata attenzione, meritano uno stile di concentrazione. Se poi ci concentriamo su Dio, saremo in grado di vivere nella libertà e nella verità oltre che nell’amore.
La Comunità Religiosa
Si è celebrato dal 23 al 27 febbraio scorso un convegno particolare a Firenze a cui erano invitati i Vescovi cattolici ed i Sindaci delle più grandi città delle nazioni che si affacciano sul Mar Mediterraneo.
Il tema del convegno era: Mediterraneo, frontiera di Pace.
I Sindaci come anche i Vescovi si sono trovati tra di loro per due giorni, per poi convergere l’ultimo giorno in una assemblea unitaria e confrontarsi su problemi che riguardano il Mediterraneo sotto il profilo politico, storico e religioso, culturale. L’intento era quello di arrivare alla stesura di una Carta di intenti per una collaborazione futura tra nazioni. Infatti è arrivata la “Carta di Firenze”: una luce di speranza per la nostra Europa non solo per i paesi del Mar Mediterraneo.
Nella Carta Vescovi e Sindaci RICONOSCONO l’importanza di un impegno educativo per i giovani perché siano guidati al desiderio del bene, dell’amore, della giustizia; riconoscono la necessità di sviluppare maggiori possibilità di dialogo per rafforzare i legami di fraternità; riconoscono la necessità della promozione di uno sviluppo umano integrale nel rispetto del diritto di tutti; l’opportunità di promuovere una vera trasformazione della società finalizzata all’instaurazione di una cultura della soste- nibilità sociale….
Queste sono alcune delle conclusioni del Convegno: il testo merita di essere letto per intero. Sta alle nostre Comunità cristiane conoscere, interiorizzare ed incammi- narsi su strade innovative della nostra convivenza tra popoli.