Esattamente un anno fa questa scritta tappezzava i nostri balconi, le nostre case, i nostri giardini. Ovunque la si poteva incontrare.
Era il grido di speranza per un bene che ridonasse serenità alla vita.
Dopo un anno la pandemia è rimasta con noi ma sono scomparse queste scritte benauguranti.
Come mai? Si è spento il desiderio di bene o ci siamo assuefatti anche al corona virus con tutte le sue conseguenze? Escludo la prima possibilità, ma propendere per la seconda sarebbe terribile perché significherebbe aver perso la consapevolezza di essere fatti per star bene ed essere felici.
Eppure è così. Stiamo perdendo la coscienza della nostra aspirazione al bene.
È venuto meno invece quell’ottimismo che spesso era sotteso al grido di speranza.
La speranza non è per nulla uguale all’ottimismo. Non è la convinzione che una cosa andrà a finire bene, ma la certezza che quella cosa ha un senso indipendentemente da come andrà a finire, come scriveva V. Havel.
Non smettere mai di cercare il senso di ciò che ci accade anche se è faticoso e a volte la ricerca non sempre ha l’esito sperato.
Cosa abbiamo da offrire a questo nostro stanco mondo? Che ha smesso di interrogarsi, di aspirare, di cercare?
In queste mese celebriamo ancora una volta, la Pasqua di Gesù, la sua risurrezione, la sua vittoria sulla morte. Questa è la nostra fede, credere in Gesù morto e risorto, ed è la nostra unica speranza: la sua vittoria sulla morte.
Non abbiamo altro su cui appoggiarci. In questo anno abbiamo visto gli affanni della scienza, che pure ci ha permesso la via della guarigione e della vaccinazione come risposta umana al virus; abbiamo visto gli affanni della politica e della cultura sempre più povere di contenuti; abbiamo visto e vissuto i nostri affanni economici, relazionali segnati dalla paura. Cosa resta; su cosa appoggiarci? Possiamo eludere queste domande, far finta che non siano presenti nel cuore e aspettare che tutto passi. Oppure possiamo accettare e verificare questo unico annuncio: Cristo è risorto, vinta è la morte e divenirne sempre più testimoni coraggiosi ed umili.
Ecco cosa abbiamo da offrire: la nostra speranza in Gesù, la nostra esperienza di vita rinnovata e cambiata dall’incontro con Lui risorto.
don Marco Maesani